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Psicologia Clinica

Psicologia Clinica

Il termine "clinica" deriva dal greco "cline" (che significa "letto") e indica le attività che il medico svolge al letto del malato. Dunque la psicologia clinica include fin dal suo etimo la sua destinazione alla malattia e alla sofferenza, nel tentativo di dare aiuto con ricorso a conoscenze e metodi psicologici. Psicodiagnostica, psicopatologia, psicosomatica e psicoterapia sono le componenti nelle quali si sottoarticola la psicologia clinica (Sanavio, Cornoldi, 2001).

Quale rapporto ha la psicologia clinica con la psicologia di base?

È importante ricordare come la psicologia clinica abbia le proprio radici nella psicologia di base. La psicologia clinica non costituisce un domino separato, una terra di mezzo, un luogo di confluenza di diversi saperi, ma la specifica estensione della psicologia di base al "letto" del malato e hai problemi che lo affliggono. Possiamo dunque descrivere il rapporto tra psicologia di base e psicologia clinica nei termini di un rapporto senza soluzione di continuità: psicologia clinica come scienza "applicata", diretta emanazione e applicazione del corpo di conoscenze e delle metodologie sviluppate dalla psicologia di base (Ibidem).


L'esame psicodiagnostico

Nella pratica clinica l'esame psicodiagnostico, a volte, è il primo passo di un percorso di sostegno psicologico e di counseling e si limita ad un breve colloquio clinico, altre volte è un momento altamente specialistico e richiede tecniche psicodiagnostiche specifiche. Può essere descritto come un complesso processo di raccolta, analisi ed elaborazione di informazioni volto a risponere ad uno dei tanti quesiti di pertinenza della psicologia clinica: le indicazioni relative all'opportunità di un trattamento psicoterapeutico, la valutazione delle condizioni psicologice per gravi provvedimenti, l'accertamento delle componenti psicologiche di una condotta criminosa, l'integrazionedi accertamenti di carattere medico-diagnostico (Sanavio, Cornoldi, 2001).
La struttura formale dell'esame psicodiagnostico è costituita da una successione sistematica e intelligentemente organizzata di approfondimenti successivi. Unità minima e asse portante dell'esame psicodiagnostico è il colloquio clinico che ha come finalità precipua l'esame del problema che porta il paziente a rivolgersi a uno psicologo clinico; accanto ai colloqui clinici e ad integrazione degli stessi si collocano i test psicodiagnostici impiegati in una strategia di approfondimenti successivi(Ibidem).
I test vanno concepiti come utensili che potenziano il lavoro di esplorazione che lo psicologo svolge abitualmente attraverso il colloquio psicologico. Possono essere considerati simili a delle lenti di ingrandimento che permettono di esplorare con maggiore sistematicità, con maggior facilità, con maggior rapidità, con maggior chiarezza un determinato costrutto psicodiagnostico.


Il colloquio clinico

Unità minima e asse portante della psicologia clinica è il colloquio clinico che, come sopra scritto ha la finalità precipua di esaminare il problema portato dal paziente; compito dello psicologo è collocare tale problema all'interno di un reticolo di elementi costituiti dalla storia personale del soggetto; dall'insieme delle sue caratteristiche personologiche, dalla rete di relazioni familiari e sociali. Il colloquio clinico non è pertanto una procedura passiva di ascolto e di registrazione di informazioni, ma un processo di ricerca attiva ed intelligente delle coordinate che danno un senso psicologico a quanto il paziente propone. Va al di là del semplice livello dell'ascolto empatico e rappresenta un'attività tecnica che si avvale di una competenza professionale specialistica (Sanavio, Cornoldi, 2001).
Il colloquio clinico utilizza, in primo luogo, materiale verbale ed esplora il cosiddetto sistema cognitivo-verbale: ciò che il paziente pensa e ciò che il paziente dice di sè. In secondo luogo, il colloquio rappresenta un setting di osservazione specifico e strutturato: allo psicologo clinico offre un segmento, sia pure piccolo, di osservazione del comportamento del paziente in una situazione data (per esempio postura, contatto oculare, mimica, comportamento non verbale e paraverbale, ecc.). In terzo luogo, il colloquio costituisce un esempio di comportamento interpersonale significativo:consente perciò l'analisi delle variabili di relazione che si stabiliscono nell'interazione tra paziente e psicologo. Infatti, se è vero che il colloquio ha come sua prima finalità l'esame del problema del paziente, è altrettanto vero che esso ha, come sua seconda finalità, quella di stabilire una relazione di fiducia e collaborazione nella diade paziente-psicologo (Ibidem).